martedì 12 aprile 2011

III - GIROLAMO VENERO E LEYVA

 STORIA


GIROLAMO VENERO E LEYVA


                                                                      Girolamo Venero e Leyva, di nazionalità spagnola, per grazia di Dio e della Sede apostolica, Arcivescovo ed Abbate della santa metropolitana maggiore Chiesa di Monreale e Signore nello spirituale e nel temporale della stessa Città e Stato e regio Consigliere, dell'abito e della milizia di san Giacomo della Spada". 

Girolamo Venero, Arcivescovo di Monreale nei primi del '600, prosegue l'opera dei due Torres. In breve tempo, divulga la sua grande e ricca personalità di studioso, pastore e organizzatore.
Egli rapidamente avvolge il paese di Monreale con una fisionomia ben rifinita: restaura il palazzo municipale, livella la piazza principale e guarnisce la fontana pubblica.
Ristruttura i tetti della Cattedrale, amplia  e adorna il palazzo arcivescovile, cura la parte occidentale del paese che fino ad allora era stata tralasciata, ristruttura il monastero di S. Castrenze e soprattutto cura  la via che prende il suo nome. Acquista la contrada di Giandimeli " venero " e la trasforma in luogo di villegiatura dei chierici; trova una sorgente d'acqua che incanala al paese e realizza la cinta muraria della città. Egli ritiene che le comunicazioni con la città di Palermo siano da considerarsi fondamentali, quindi migliora la via, costruita dal Torres,  che congiunge Monreale a Palermo, trasforma in chiesa la Cappella della Rocca, costruisce nella piazzetta una fontana per rinfrescare i pellegrini e affida la chiesa ai padri agostiniani per i quali realizza  un convento.
Per la vita religiosa mostra grande interesse: promuove lo studio della dottrina cristiana e della musica, sprona la crescita delle confraternite.
Al Seminario fonda la Cattedra di filosofia affidata ai gesuiti e, nei locali che oggi ospitano il palazzo comunale realizza un ginnasio istituendo una cattedra di diritto ecclesiastico e civile con un insegnante esperto giurista, Giulio Casauri.
Monreale si conferma così come centro di studi conosciuto in tutta la Sicilia a cui giungevano giovani provenienti da tutta l'isola per la loro formazione.

Ma la vera occasione che attribuisce al Venero capacità organizzative, è la peste del 1625 importata da una nave proveniente dall'Africa.
Come barriera d'immunità, fa cingere il paese di mura anche se alla fine, si racconta che un capraio importa ugualmente il contagio. Il Venero cerca di ridurlo, incaricando sanitari, ufficiali all vigilanza; ordina la distribuzione di medicine e di evitare di uscire dalla propria abitazione; fa costruire un lazzaretto lontano dall'abitato, in contrada della Monaca dove oggi sorge la Chiesa di S. Rosalia; anch'egli si prodiga visitando gli ammalati e prende il contagio ma per un tempo breve. 
L'occasione della peste incrementa il culto del SS. Crocifisso poichè il Venero miracolosamente guarisce durante la liturgia. "Una tradizione molto pietosa ricorda che l'Arcivescovo Veniero, nel 1625, colpito dalla peste, volle trascinarsi fino all'altare maggiore della Collegiata e celebrarvi messa.. All'atto della elevazione dell'ostia il venerando prelato sentì scoppiarsi i bubboni delle ascelle e come per miracolo guarirsi: ciò che egli immediatamente annunziò ai fedeli, i quali ne fecero gran festa".
L'origine della festa del tre maggio  coincide con questa occasione.
Il 27 aprile dello stesso anno, stipula un contratto per la costruzione del cappellone nella chiesa del Salvatore; il 30 aprile la Deputazione della sanità con la presidenza del Venero delibera che " per ogni strada si faccia foco e luminarie, in honore del Santissimo Crocifisso, incominciando da questa sera per tre sere continue, et che li deputati delli quartieri debiano ordinare in ogni strada ci siano almeno tre fochi luminarie...": è questo l'atto di nascita della festa del Crocifisso" per onorare il protettore, "polo di attrazione della fede del popolo".
Il popolo ricorrerà sempre al SS. Crocifisso, l'onnipotente protettore,  per venerarlo in diverse occasioni e sventure. Il Venero sapeva bene che occorreva eliminare le controversie tra benedettini e clero secolare, concedendo ad ognuno una propria chiesa ma soprattutto necessitava recuperare e guidare la devozione popolare verso il mistero di Cristo Crocifisso, redentore dell'umanità, il cui culto s'inseriva perfettamente nella riforma tridentina. Riconosceva gli errori dei predecessori, quello del Farnese il cui disegno fu d'istituire una collegiata  nella chiesa del Salvatore, sottovalutando il reale dissidio tra i benedettini e il clero secolare, e di  aver creduto di potere fare a meno delle necessarie  autorizzazioni e perciò risultò effimero; quello di Ludovico II Torres che aveva preteso d'incentrare il culto del Crocifisso in Cattedrale senza presupposti funzionali. 
Il Venero infatti dapprima, non pensa ad una "collegiata" ma ad una "custodia" funzionale dell'immagine di Cristo con una struttura giuridica di sacerdoti secolari, in numero di ventiquattro, vincolati anche economicamente, con beni patrimoniali personali e pronti per  assicurare il servizio religioso. Per questo detta una Costituzione concreta,
secondo la quale La Chiesa del Salvatore viene dotata di piena autonomia funzionale: un Preposto, il segretario, l'economo, norme per l'Archivio; le Confraternite del Salvatore, sotto il controllo dei 24 Custodi "legati" alla custodia del Crocifisso. 


L'Arcivescovo Venero sistema l'immagine in una cappella, celata da veli di seta con raffigurazioni da lui ideate e fissa un cerimoniale per il popolo.*

Girolamo Venero, Arcivescovo di Monreale nei primi del '600, prosegue l'opera dei due Torres. In breve tempo, divulga la sua grande e ricca personalità di studioso, pastore e organizzatore.
Egli rapidamente avvolge il paese di Monreale con una fisionomia ben rifinita: restaura il palazzo municipale, livella la piazza principale e guarnisce la fontana pubblica.
Ristruttura i tetti della Cattedrale, amplia  e adorna il palazzo arcivescovile, cura la parte occidentale del paese che fino ad allora era stata tralasciata, ristruttura il monastero di S. Castrenze e soprattutto cura  la via che prende il suo nome. Acquista la contrada di Giandimeli " venero " e la trasforma in luogo di villegiatura dei chierici; trova una sorgente d'acqua che incanala al paese e realizza la cinta muraria della città. Egli ritiene che le comunicazioni con la città di Palermo siano da considerarsi fondamentali, quindi migliora la via, costruita dal Torres,  che congiunge Monreale a Palermo, trasforma in chiesa la Cappella della Rocca, costruisce nella piazzetta una fontana per rinfrescare i pellegrini e affida la chiesa ai padri agostiniani per i quali realizza  un convento.
Per la vita religiosa mostra grande interesse: promuove lo studio della dottrina cristiana e della musica, sprona la crescita delle confraternite.
Al Seminario fonda la Cattedra di filosofia affidata ai gesuiti e, nei locali che oggi ospitano il palazzo comunale realizza un ginnasio istituendo una cattedra di diritto ecclesiastico e civile con un insegnante esperto giurista, Giulio Casauri.
Monreale si conferma così come centro di studi conosciuto in tutta la Sicilia a cui giungevano giovani provenienti da tutta l'isola per la loro formazione.

Ma la vera occasione che attribuisce al Venero capacità organizzative, è la peste del 1625 importata da una nave proveniente dall'Africa.
Come barriera d'immunità, fa cingere il paese di mura anche se alla fine, si racconta che un capraio importa ugualmente il contagio. Il Venero cerca di ridurlo, incaricando sanitari, ufficiali all vigilanza; ordina la distribuzione di medicine e di evitare di uscire dalla propria abitazione; fa costruire un lazzaretto lontano dall'abitato, in contrada della Monaca dove oggi sorge la Chiesa di S. Rosalia; anch'egli si prodiga visitando gli ammalati e prende il contagio ma per un tempo breve. 
L'occasione della peste incrementa il culto del SS. Crocifisso poichè il Venero miracolosamente guarisce durante la liturgia. "Una tradizione molto pietosa ricorda che l'Arcivescovo Veniero, nel 1625, colpito dalla peste, volle trascinarsi fino all'altare maggiore della Collegiata e celebrarvi messa.. All'atto della elevazione dell'ostia il venerando prelato sentì scoppiarsi i bubboni delle ascelle e come per miracolo guarirsi: ciò che egli immediatamente annunziò ai fedeli, i quali ne fecero gran festa".
L'origine della festa del tre maggio  coincide con questa occasione.
Il 27 aprile dello stesso anno, stipula un contratto per la costruzione del cappellone nella chiesa del Salvatore; il 30 aprile la Deputazione della sanità con la presidenza del Venero delibera che " per ogni strada si faccia foco e luminarie, in honore del Santissimo Crocifisso, incominciando da questa sera per tre sere continue, et che li deputati delli quartieri debiano ordinare in ogni strada ci siano almeno tre fochi luminarie...": è questo l'atto di nascita della festa del Crocifisso" per onorare il protettore, "polo di attrazione della fede del popolo".
Il popolo ricorrerà sempre al SS. Crocifisso, l'onnipotente protettore,  per venerarlo in diverse occasioni e sventure. Il Venero sapeva bene che occorreva eliminare le controversie tra benedettini e clero secolare, concedendo ad ognuno una propria chiesa ma soprattutto necessitava recuperare e guidare la devozione popolare verso il mistero di Cristo Crocifisso, redentore dell'umanità, il cui culto s'inseriva perfettamente nella riforma tridentina. Riconosceva gli errori dei predecessori, quello del Farnese il cui disegno fu d'istituire una collegiata  nella chiesa del Salvatore, sottovalutando il reale dissidio tra i benedettini e il clero secolare, e di  aver creduto di potere fare a meno delle necessarie  autorizzazioni e perciò risultò effimero; quello di Ludovico II Torres che aveva preteso d'incentrare il culto del Crocifisso in Cattedrale senza presupposti funzionali. 
Il Venero infatti dapprima, non pensa ad una "collegiata" ma ad una "custodia" funzionale dell'immagine di Cristo con una struttura giuridica di sacerdoti secolari, in numero di ventiquattro, vincolati anche economicamente, con beni patrimoniali personali e pronti per  assicurare il servizio religioso. Per questo detta una Costituzione concreta, 
secondo la quale La Chiesa del Salvatore viene dotata di piena autonomia funzionale: un Preposto, il segretario, l'economo, norme per l'Archivio; le Confraternite del Salvatore, sotto il controllo dei 24 Custodi "legati" alla custodia del Crocifisso. 
L'Arcivescovo Venero sistema l'immagine in una cappella, celata da veli di seta con raffigurazioni da lui ideate e fissa un cerimoniale per il popolo.*






ATTUALITA' DI UN PERSONAGGIO  
- Girolamo Venero -  (1558-1628)
di GIUSEPPE SCHIRO'

Questo nobile e ricco spagnolo nasce nel 1558 a Valladolid, antica sede dei re Castiglia, appena due anni dopo la scomparsa di Carlo V, sotto il cui impero la Spagna aveva preso piena coscienza di prima potenza mondiale. La formazione culturale del Venero è letteraria, filosofica e soprattutto giuridica: si laurea in filosofia a Valladolid ed in diritto civile e canonico a salamanca. Della sua profonda preparazione giuridica darà prova nella sua preziosa opera "Examen episcoporum", considerata di grandissimo valore scientifico e di straordinaria utilità pratica. Da Gregorio XIII, il papa della riforma del calendario, anch'egli esperto giurista e suo amico personale personale, e dal grande Sisto V riceva incarichi prestigiosi e impegnativi e della Corte di Madrid il Venero viene nominato Cappellano regio e Consultore primario dell'Inquisizione. 
Tuttavia nella sua brillante carriera, Girolamo venero non differisce molto da altri nobili spagnoli dl suo tempo, ma egli differisce per lo spirito e per quella illuminata razionalità che lo rendono, in forte anticipo sul suo tempo quasi un principe illuminato del '700.
Una prima dimostrazione di questi caratteri egli la dà quando destina più di 1200 ducati per la fondazione del monastero degli Scalzi, nella città cuenca, stabilendo anche la forma architettonica della chiesa annessa, che egli aveva in primo tempo destinato per sua sepoltura. Ma la prova delle sue capacità la dà a Monreale negli otto anni (1620-1628), in cui regge la sede arcivescovile. Qui egli arriva nel pieno della sua maturità, a 62 anni. Si possono individuare tre linee nella sua attività: quella culturale, quella sociale, quella religiosa. Circa 70 anni prima di lui, uno dei suoi predecessori, il Card. Alessandro Farnese junior, aveva chiamato a Monreale i gesuiti per aprire scuole pubbliche gratuite, subito frequentate da un elevato numero di alunni, tra i quali Antonio Veneziano, il più grande e colto poeta siciliano del '500. Ludovico II Torres, Arcivescovo di Monrelae dal 1588 al 1609, aveva fondato il Seminario, dotandolo delle premesse perchè Monreale divenisse uno dei centri culturali più vivaci della Sicilia. Il Venero prosegue su questa scia, perfezionando i regolamenti del Seminario, ordinando l'ordinamento dell' archivio e potenziando gli studi: alle cattedre di grammatica, di umanità e di retorica egli aggiungew quella filosofica, per allineare Monreale alle principali città siciliane e quella di giurisprudenza, allo scopo di dare unaa ampia base culturale ai giovani che avrebbero formato la classe dirigente della società. La sua azione nel sociale si concretizza soprattutto nelle opere pubbliche. Gli arcivescovi di Monreale, a quei tempi, esercitavano, oltre i poteri religiosi, anche quelli civili e giudiziari. Egli ancora destina grandi risorse alla resturazione della casa municipale, allo spianamento ed all'abbellimento della piazza antistante, al restauro del Duomo e del Palazzo Arcivescovile. Resosi conto dell'importanza del collegamento di Monreale con Palermo capitale, fa costruire una strada dritta tra Monreale con Palermo capitale, fa costruire una strada dritta tra Monreale e Rocca, assai più agevole e breve di quella che si praticava allora e che si allungava attraverso la Conca d'oro.
E per rendere più sicuro il traffico, egli fonda a Rocca un monastero affidandolo agli agostiniani, persuaso che lo sforzo di liberazione dal banditismo non doveva essere affidato principalmente alle forze di repressione, ma anzitutto all'opera formativa delle coscienze. La strada costruita dal Venero appare allora così bella che il Vicerè appare allora così bella che il Vicerè sente il bisogno di abbellire rettifilo che collega Palermo con Rocca e che sarà chiamato Corso Calatafimi. 
Ma il Venero intuisce che lo sviluppo urbanistico di Monreale si avverrà ad occidente, sulla direttrice opposta e fa costruire quella strada che da lui prende il nome, la via Venero, che pure da lui è denominata, dove egli scopre e valorizza quelle sorgenti che arricchiscono le campagne circostanti.
Quando poi nel 1625 scoppia in Sicilia la peste, egli con uno sforzo immane, mobilita la città nella costruzione di una cinta di mura che per ben otto mesi tengono Monreale immune dal flagello. E qaundo poi, malgrado le sue prescrizioni, nel 1624 la peste si infiltra, egli prodioga fino a contagiarsi, nell'opera di assistenza agli apppestati. Anche la sua azione religiosa è permeata di valenze sociali e culturali: il sinodo diocesano che egli tiene poco dopo il suo ingresso e che fa pubblicare nel 1622, quale l'avvio di uno sforzo di riorganizzazione e di ammodernamento del clero, la ricostruzione del grandioso monastero femminile di S. castrenze e soprattutto la fondazione della Collegiata, sono esempi di interventi e di scelte diretti ad elevare, con la leva religiosa, l'unica adatta allora allo scopo, la vita civile e culturale della popolazione. La collegiata formata da 24 canonici diviene il centro della vita religiosa che trova la massima espressione nel culto al Crocifisso raffigurato da un'antica e affascinante immagine, al quale si prodigano uomini amanti della cultura e dell'arte.
Il Venero, con profonda intuizione, dedica alla Collegiata il massimo dello sforzo delle energie. 
Al Crocifisso egli attribuisce la sua liberazione dalla peste e quella della città e in ricordo di ciò, egli istituisce quelle solenni celebrazioni nei giorni 1,2,3 maggio che diverranno la principale festività di Monreale.